PAVIA. Se nella politica le donne faticano a sedere sugli scranni del parlamento, non va meglio nelle professioni. Il gentil sesso fatica a trovare spazi e coprire ruoli di rilievo anche nel giornalismo. Guardate un po’ nelle redazioni: quante sono le donne? Quante caporedattrici condividono le scrivanie con i colleghi maschi? E quanto una donna riesce ad arrivare ai vertici? Il gap rilevante tra i sessi si registra sulla carriera: solo il 14% delle donne intervistate è dirigente (direttrice, caporedattrice e dirigente P.I) contro il 27% degli uomini. A rilevarlo è un’indagine comparativa sui percorsi di carriera delle giornaliste e dei giornalisti italiani, realizzato dall’Osservatorio di Pavia per il gruppo di lavoro Pari opportunità dell’Ordine dei Giornalisti. L’indagine, curata da Monia Azzalini, evidenzia una presenza femminile maggiore solo nel livello immediatamente successivo (vicecaporedattori, caposervizio, vicecaposervizio, inivati speciale): le donne quadro sono il 26% contro il 19% degli uomini.
DIRETTORE, REDATTRICE, COLLABORATORE: ECCO LE DIFFERENZE – Insomma si fatica a diventare direttore di una testata, ma non caposervizio. Si registra una situazione di parità al livello d’ingresso, fra i redattori ordinari, e fra i redattori esperti, dove donne e uomini intervistati nel campione di riferimento sono presenti in proporzioni analoghe. Una differenza di genere rilevante riguarda invece i lavoratori para-subordinati, quelli del mondo delle collaborazioni non organiche all’interno di una redazione: le donne sono il 24% contro l’8% dei colleghi uomini.
GAVETTA E STUDI – I dati raccolti sul campione degli intervistati rilevano alcune differenze di genere per l’avvio della professione e per l’ingresso ufficiale. Nella maggior parte dei casi (42%), gli uomini intervistati hanno intrapreso l’attività giornalistica molto giovani, prima dei 20 anni. Le donne, invece, registrano le loro prime esperienze, per lo più, un po’ dopo, nel 48% dei casi in un’età compresa fra i 21 e i 25 anni, probabilmente a causa di studi più elevati. L’ingresso ufficiale nella professione è avvenuta per la maggior parte dei maschi, il 77%, fra i 21 e i 30 anni: nel 46% dei casi fra i 26 e i 30 anni e nel 31% dei casi, prima, fra i 21 e i 25 anni. Raramente prima dei 20 anni (8%), poco anche dopo i 30 anni (15%). Anche per la maggior parte delle donne l’ingresso è avvenuto nelle fasce comprese fra i 20 e i 30 anni: nel 36% dei casi fra i 21 e i 25 anni, nel 28% dei casi fra i 26 e i 30 anni. Nel complesso le donne entrate nella professione in queste fasce di età centrali sono solo il 64%, una percentuale di molto inferiore a quella maschile. Le donne un po’ più dei maschi sono entrate giovanissime: 12% a 20 anni o prima; e in una percentuale più elevata di quella maschile, 24% vs 15%, sono entrate più tardi, dopo i 30 anni.
LE DIFFICOLTA’ COMUNI – Lavoro nero, sotto-pagato o addirittura non pagato, gavetta lunga e onerosa sono i fattori che rientrano nella categoria più rappresentata degli ostacoli, sia iniziali, che durante la carriera nella professione giornalistica e non si registrano differenze tra uomini e  donne. Tra le generazioni, ne risultano esenti solo gli anziani, per il resto i lunghi tempi di attesa, di duro lavoro mal pagato o poco pagato, sono un fenomeno che riguarda sia le giovani generazioni sia gli adulti.

di Stefania Melucci 

L’Osservatorio di Pavia 

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