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RAGUSA. Questa mattina, davanti alla più grande piattaforma petrolifera off-shore italiana, gli attivisti di Greenpeace hanno aperto uno striscione galleggiante con la scritta: “Meglio l’oro blu dell’oro nero”. La piattaforma Vega-A, che opera su una concessione Edison-ENI, si trova di fronte alla costa meridionale della Sicilia, al largo di Pozzallo. Un secondo striscione “No alle trivelle nel Canale di Sicilia” è stato srotolato a bordo della barca a vela dell’organizzazione ambientalista, Luna, impegnata in Sicilia per il tour “U MARI NUN SI SPIRTUSA”. Ad accompagnare la protesta una flottiglia di imbarcazioni della Lega Navale di Pozzallo. «La piattaforma Vega rappresenta i mostri che non vogliamo vedere nel Canale di Sicilia – denuncia Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia. – Compagnie petrolifere come ENI hanno progetti per trivellare non solo il nostro Mediterraneo ma anche l’Artico: vanno fermate subito! Quello che stiamo mettendo a rischio non è solo un ecosistema marino unico ma attività come il turismo e la pesca, fondamentali per l’economia di questa Regione». Tra le principali compagnie pronte a trivellare il Canale di Sicilia vi sono le italiane EDISON ed ENI, le uniche ad aver iniziato a estrarre petrolio di fronte alla costa siciliana. Oltre che proprietaria al quaranta per cento del campo petrolifero Vega, ENI opera altre due piattaforme al largo di Gela per un totale di trentatre pozzi attivi. Le due compagnie hanno inoltre avanzato ben quattro domande per cercare petrolio in mare, di cui due già approvate. Le nuove piattaforme nel Canale rappresentano una minaccia inaccettabile a fronte di un esiguo ritorno nelle casse del territorio. Nel 2011, infatti, ENI ed EDISON hanno versato alla Sicilia meno di un milione e mezzo di euro di royalties per la produzione complessiva sia a terra che in mare di gas e petrolio. Il canone delle concessioni in mare, inoltre, è irrisorio e va solo allo Stato. Si stima infatti che le compagnie abbiano pagato poco più di 48 mila euro per una superficie estrattiva di quasi 700 chilometri quadrati.
FEBBRE DELL’ORO NERO. Nel Canale di Sicilia si è già propagata la febbre dell’oro nero: ventinove le richieste di esplorazione e ricerca, di cui undici già autorizzate. Il tratto di mare dove si trova la piattaforma Vega-A è uno di quelli maggiormente interessati: sull’area incombono ben tre permessi per cercare petrolio ed è in via di valutazione la perforazione di un pozzo esplorativo. Allo stesso tempo quest’area è determinante per la riproduzione di specie ittiche commerciali come il nasello e il gambero rosa.
«Nelle ultime settimane sono tantissimi i comuni costieri che si sono schierati con noi contro le trivelle, appoggiati dalla stessa Giunta di governo regionale. La richiesta della Sicilia al ministero dell’Ambiente è chiara: istituire una Zona di Protezione Ecologica nel Canale di Sicilia e creare delle aree protette per fermare per sempre la folle corsa all’oro nero» – conclude Giorgia Monti.

di Sofia Curcio

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