di Giuliana Covella
ROMA. “De tolerando dolore”, diceva Cicerone nel secondo libro delle “Tuscolanae disputationes”. Ossia “bisogna sopportare il dolore”. Specie quando ti rendi conto di non avere più chance. Quando il timore che la morte sia lì ad aspettarti è più forte di qualsiasi altro sentimento. Finché arriva un barlume di speranza dall’esperienza di un uomo, che partendo dalla propria tragedia personale ha insegnato a chi soffre a combattere il male più terribile del terzo millennio. È il senso di “Il male curabile” di Michele Cucuzza, edito da Rizzoli e presentato alla libreria Ubik in via Benedetto Croce a Napoli. Un libro dove il giornalista racconta la storia di Mauro Ferrari, 52enne ingegnere di Udine, cui il destino ha strappato prematuramente la moglie Marialuisa, fulminata dal cancro.
Ha scelto di raccontare un’esperienza forte…
«Sì, è un’esperienza atroce quella vissuta da Ferrari che ha trovato nella ricerca la forza di andare avanti e di farlo soprattutto per tutti coloro che sono affetti da questa malattia».
La “ricetta” di Ferrari per affrontare il male più oscuro di tutti è l’applicazione delle nanotecnologie alla medicina. Ghiandole artificiali capaci di rilevare il cancro e somministrare autonomamente il medicinale; nanovaccini che risvegliano il sistema immunitario; diagnosi effettuate attraverso una semplice analisi delle proteine; robot chirurghi e sofisticati manichini-pazienti su cui fare pratica. Un originale metodo per combattere le diverse forme tumorali che si sta sperimentando al Methodist Hospital Research Institute di Huston in Texas diretto dallo stesso Ferrari.
“Il male curabile”. Perché questo titolo?
 «Il male curabile è cronico, quindi domabile. È un libro positivo, di speranza dove non si dispensano ricette facili o soluzioni perché il cancro fa parte della nostra vita. Il 99% dei cancri con metastasi oggi, come dopo la II guerra mondiale, è incurabile. Ma il metodo sperimentato da due anni da Ferrari può essere più efficace della chemioterapia, che è dannosissima o dei biofarmaci, che sono costosissimi. Ecco allora che la speranza di sconfiggere questa malattia può essere racchiusa in una minuscola pillola simile ad una noce di cocco multistadio, carica di farmaci che centrano solo le cellule tumorali senza disperdere sostanze tossiche nell’organismo».
Una sperimentazione che potrebbe salvare tante vite umane, ma che in Italia non ha ancora attecchito. Anche colpa della perenne “fuga di cervelli” all’estero?
 «Da anni nostri ricercatori sono costretti a trasferirsi negli Stati Uniti. Perché il governo destina sempre meno fondi alla ricerca, che dovrebbe essere un dovere etico. Circa 400.000 laureati in tutte le discipline ogni anno vanno all’estero. Mentre a Huston vi sono 100.000 ricercatori che si dedicano allo studio del cancro per la prevenzione e la cura».
Non a caso parte del ricavato delle vendite del libro sarà devoluto all’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro).
PER SAPERNE DI PIU’:
L’Associazione Italiana per la ricerca sul cancro
Il blog ufficiale di Michele Cucuzza

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