AUBAGNE. Sulla strada per la ripubblicizzazione dell’acqua le amministrazioni locali danno il buon esempio. Napoli, unica città in Italia ad aver applicato la volontà degli elettori espressa nel referendum del 12 e 13 giugno, dimostra come sia possibile opporsi all’ondata di liberalizzazioni decisa dal governo Monti e, più in generale, da Bruxelles. A pochi passi dalla Marsiglia che da lunedì 12 marzo ospita il World water forum, con i suoi rappresentanti di 150 Paesi, di organizzazioni internazionali come la Fao e la Banca mondiale, di grandi imprese private e oligopoli della risorsa blu, le realtà comunali di tutto il mondo si sono date appuntamento ad Aubagne per rafforzare la loro rete nell’ambito dei lavori del forum alternativo (Fame). L’obiettivo è realizzare nel locale ciò che lo Stato-nazione stenta a riconoscere. «Quello che stanno compiendo i governi in tema di liberalizzazioni è un vero colpo di Stato», denuncia l’economista e cofondatore del Contratto mondiale per l’acqua, Riccardo Petrella, «e Napoli, in questo senso, rappresenta una speranza». Dall’ottobre 2011, infatti, la Arin Spa che gestiva la distribuzione dell’acqua in città è stata trasformata nella municipalizzata “Acqua Bene Comune Napoli”. Non basta la volontà popolare per costruire un percorso di riappropriazione della risorsa idrica, serve l’intenzionalità politica di renderlo effettivo. Lo chiarisce bene nel suo intervento ad Aubagne Alberto Lucarelli, docente di diritto pubblico all’università di Napoli e assessore ai Beni Comuni per la città partenopea: «Bisogna ripartire dalla mobilitazione sociale, reagire ai tentativi ripetuti di sottrarre allo spazio pubblico, e dunque ai cittadini, beni la cui disponibilità è indispensabile per il godimento effettivo dei diritti fondamentali».
L’INIZIATIVA DI CITTADINANZA. Napoli è anche la prima città europea ad aver approvato una delibera basata sull’articolo 11 del trattato di Lisbona, che consente a cittadini comunitari di avanzare proposte di legge dal basso e sottoporli alla Commissione europea. La capitale spagnola spinge nella stessa direzione con il recente voto, plebiscitario ma non vincolante, contro la privatizzazione del Canal Isabel II, la società che gestisce la distribuzione dell’acqua nella Comunidad de Madrid. Parigi è ancora una goccia nel mare francese. Tuttavia Magali Giovannangeli, presidente della Comunità di agglomerazione del Pais d’Aubagne e dell’Etoile, si dice convinta che «diverse esperienze di gratuità indicano che è possibile lavorare con le comunità locali e che proprio dalle città parte la spinta a inserire il diritto all’acqua nelle Costituzioni nazionali». «Attraverso la governance locale – continua Lucarelli – e, spero presto, attraverso la realizzazione della rete dei Comuni vogliamo proporre un nuovo modello costruito sulle categorie dei beni comuni e sulla democrazia partecipativa». Con l’ambizione di fare breccia in Europa.
IL FORUM DEI GOVERNI. La sesta edizione del World water forum, dal titolo “Il tempo delle soluzioni”, si è aperta con una donazione consistente: il ministro francese François Fillon ha annunciato lo stanziamento di 10 milioni di euro per garantire acqua potabile alla Striscia di Gaza. Di ieri, anche l’adozione della dichiarazione interministeriale che tanta di far fronte alla crescente domanda globale d’acqua che, secondo i dati dell’Ocse, aumenterà del 55 per cento da qui al 2050. Due miliardi e mezzo di persone nel mondo non dispongono ancora di servizi igienici (dati 2010). L’obiettivo dei molti partecipanti è allargare il fronte degli Stati firmatari della Convenzione internazionale che protegge l’acqua e, dall’altro lato, di ritagliarsi spazi sufficienti a garantire sviluppo, lavoro e, perché no, utile economico dalla gestione della risorsa.
IL CONTRO-FORUM. Le risposte dei Grandi, così, non convincono gli attivisti del Forum alterativo che oggi ha aperto i lavori a Marsiglia. «Ci opponiamo alla commercializzazione della vita e proponiamo una visione dei beni comuni patrimonio dell’umanità», dichiara il sindaco di São Leopoldo (Brasile), Ary Vanazzi. Per una settimana lo sguardo dei movimenti sarà in parte puntato sulle decisioni prese durante l’appuntamento ufficiale, in parte concentrato a offrire valide alternative. Come sostiene Moustapha Ka, ex ministro della Cultura del Senegal e sindaco di Passy, «l’Africa rifiuta di farsi costruire dalle potenze occidentali e dalle istituzioni internazionali. L’Africa deve essere costruita a partire dai territori e dalla governance locale. Bisogna dare alle popolazioni diritto di parola e potere di controllo». Le questioni sul tavolo restano comunque aperte e riguardano tutti gli aspetti connessi alla disponibilità dell’oro blu: dalla sicurezza alimentare ai cambiamenti climatici, passando per le nuove frontiere energetiche, la produzione agricola, gli sprechi del mondo industrializzato e la sete dei Paesi in via di sviluppo.
VEDI ANCHE:
http://www.comunicareilsociale.com/2012/03/13/al-forum-di-marsiglia-la-chiesa-propone-una-tobin-tax-per-l%e2%80%99acqua/
PER SAPERNE DI PIU’
http://www.worldwaterforum6.org/en/ (L’INIZIATIVA. Il sito ufficiale del Forum)
 

di Dina Galano

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