Un lavoro complesso fattosi d’improvviso quasi proibitivo, con il numero di indigenti che aumentano e il numero dei volontari spesso troppo sottile rispetto al reale fabbisogno da soddisfare. Nonostante la solidarietà della gente comune non stia affatto mancando. 
Ai tempi dell’emergenza Coronavirus, il ruolo delle mense in sostegno di poveri e senza fissa dimora è divenuto oltremodo. Gli effetti collaterali della pandemia mondiale sono soprattutto sociali ed economici: di punto in bianco, migliaia di persone si stanno ritrovando senza un impiego – regolare o a nero che sia – andando così ad allungare la lista dei cosiddetti “nuovi poveri’’ di cui le mense sono ora chiamate ad occuparsi per combattere la fame.
«È vero che noi siamo sempre pronti ad affrontare le emergenze ma gestire una situazione fattasi d’improvviso così grave, con il numero di persone a cui garantire un pasto aumentato di parecchio, ha in parte spiazzato anche noi. Adesso serviamo non solo ai senza fissa dimora o agli immigrati ma anche colf e badanti rimasti senza lavoro, famiglie senza reddito, anziani soli» dice Benedetta Ferone, una delle responsabili della somministrazione dei pasti della Comunità di Sant’Egidio di Napoli.
Il numero dei volontari nel frattempo si è assottigliato con molti operatori costretti, per causa di forza maggiore, ad interrompere la propria collaborazione nella distribuzione in strada. «Con la chiusura di bar, attività commerciali e altro, non c’è neppure più la possibilità per chi è in difficoltà di chiedere una bottiglia d’acqua o anche semplicemente andare in bagno – aggiunge la Ferone – e quindi l’utenza da intercettare si è allargata e i volontari in strada sono pochi. Dovendo aumentare l’impegno, abbiamo lanciato lo slogan #IoAiutoDacCasa per raccogliere generi di prima necessità. E il cuore dei napoletani si sta dimostrando per l’ennesima volta grande».
Il punto raccolta della Comunità di Sant’Egidio si trova all’interno della chiesa di San Nicola a Nilo in via San Biagio dei Librai 10. Padre Francesco Sorrentino, parroco della Chiesa del Carmine di Napoli, quantifica l’incremento delle derrate alimentari richieste a chi si rivolge alla mensa. «Dai 150/200, siamo passati dal 5 marzo in poi a 600 pasti al giorno. Il 70% è composto da stranieri senza fissa dimora o irregolari, ma da qualche settimana le famiglie italiane ora costrette a chiedere aiuto sono davvero tante e a volte mantenere il metro di distanza durante la distribuzione è impossibile. Devo dire che la solidarietà dei cittadini del territorio è commuovente». Ma sapete a volte di quanti volontari la mensa del Carmine può disporre? Al massimo 2. «Da 30 persone che chiedevano aiuto alla nostra mensa sino ad un mese fa, siamo ora ad 80» è l’ulteriore testimonianza fornita, questa volta, da Gianni Scalamogna, diacono della parrocchia di San Tarcisio ai Ponti Rossi e coordinatore delle mense napoletane della Caritas.
di Antonio Sabbatino