Ragazzini che si sfidano sul contenuto di libri, su poesie e opere d’arte. Altri che fanno parkour e break dance. Tutto rigorosamente davanti allo schermo del tablet, dello smartphone o del computer di casa. Gli operatori de Il Tappeto di Iqbal – cooperativa sociale che opera da oltre vent’anni a Barra, quartiere della periferia orientale napoletana – non si sono lasciati fermare dalla lunga quarantena per contenere il contagio da Coronavirus. La cooperativa, che dal 2015 coordina il Punto Luce Save the Children di Barra, nell’Istituto Comprensivo 68° Rodinò, ogni pomeriggio accoglie bambini e adolescenti di età compresa tra 6 e 17 anni, con percorsi di accompagnamento allo studio, laboratori di circo, arti di strada, musica, teatro. Un ruolo fondamentale per la crescita di questi ragazzi, che non poteva essere messo in stand-by dall’isolamento forzato. Così tutte le attività sono state immediatamente spostate dal reale al ‘virtuale’. «Ai primi di marzo, quando già si iniziava a parlare di lockdown – spiega il presidente Giovanni Savino –, i nostri operatori hanno seguito in sede un corso intensivo sulle tecnologie digitali. Il 9 marzo siamo partiti: già il primo giorno erano collegati con noi su Hangouts sessanta ragazzini». Un risultato niente affatto scontato, dal momento che non in tutte le abitazioni sono presenti PC o altri dispositivi: «Spesso in famiglia l’unico cellulare a disposizione è quello di mamma o papà. Con il supporto della scuola Rodinò e di Save the Children stiamo avviando la distribuzione di tablet e connessioni a Internet alle famiglie che ne sono sprovviste, in modo che i figli possano collegarsi senza sottrarre il telefono ai genitori per tutto il giorno».
Giornate intense – Anche a distanza le giornate sono scandite da ritmi intensi: «Dalle 14:30 alle 16:30 ci occupiamo dell’accompagnamento allo studio; dalle 16:30 alle 18:30 ci sono le attività ludiche, che si differenziano in base alla fascia d’età. I bambini dai 6 agli 8 anni fanno canto, ginnastica, giochi per divertirsi e stimolare la creatività. Li portiamo – virtualmente – in giro per musei e luoghi di svago: siamo già stati agli Uffizi e all’Acquario di Genova. Con i preadolescenti dai 9 ai 12 anni spingiamo maggiormente sullo sport, su indovinelli e quiz per tenere la mente allenata. A distanza i nostri ragazzi si esercitano persino con le tecniche del circo e del parkour. Le famiglie sono di grande supporto: dialogano con noi in maniera costante, prestano i cellulari ai figli, giocano con loro».
La terza fascia d’età è quella degli adolescenti dai 13 ai 17 anni, la più delicata: «Con loro diversi momenti sono dedicati alla discussione, alla condivisione di stati d’animo, ansie e paure che in questa situazione possono essere amplificate. Parlare è fondamentale per far emergere eventuali tensioni e conflitti». Tra i rischi legati all’isolamento c’è quello che rimangano svegli tutta la notte e dormano di giorno, così Giovanni ha ideato un escamotage: «Ogni sera mando ai ragazzi una filastrocca di Gianni Rodari; alle 9 del mattino successivo devono fare un video mentre la recitano e inviarmelo, stando accanto alla finestra, così sono sicuro che sono svegli. Cerchiamo di cadenzare la loro giornata: tutti i giorni si collegano una ventina di adolescenti, disegnano fumetti e storie animate, guardano film, imparano monologhi. Ogni settimana leggono una storia e il venerdì facciamo la challenge sul contenuto. Ieri abbiamo lanciato una nuova sfida: ciascuno di loro deve scegliere i versi di un poeta maledetto, aggiungere un sottofondo musicale, recitarli e fare un video. La sera, insomma, sono talmente stanchi che non possono fare altro che andare a dormire».

di Paola Ciaramella