Il “cyber harassment” è una forma di molestia attuata tramite e-mail, chat, messaggi di testo e piattaforme internet in generale. Secondo quanto riportato dall’ “European Institute for Gender Equality” può manifestarsi tramite: messaggi sessualmente espliciti inviati tramite internet e non desiderati dal ricevente, avance inappropriate oppure offensive sui social network o in qualunque forma di chat room, minacce di violenza fisica o sessuale, espressioni di odio che possano denigrare, insultare, minacciare individui sulla base della loro identità (genere) e di altri tratti della persona (orientamento sessuale, disabilità). Caterina Loria, 26enne trapanese, ne è stata vittima pochi giorni fa, dopo aver commentato un post sul profilo Instagram di Matteo Salvini su La Alan Kurdi al largo di Termini Imerese.
Ha commentato un post sulla pagina ufficiale dell’ex Ministro dell’Interno, visti gli episodi pregressi di incitamento alla violenza sul suo profilo pubblico, qualcuno potrebbe dire che “te la sei andata a cercare”.
Innanzitutto ricordiamoci di vivere in un’era democratica, in cui è possibile esprimere il proprio giudizio e io mi sono sempre espressa rispetto alla solita propaganda contro gli immigrati. Spesso i miei commenti non sono stati neanche letti, questa volta però è andata diversamente. Io ho semplicemente scritto che 149 persone sono 149 esseri umani che hanno bisogno di aiuto. In realtà le prime risposte tutte incentrate sul  “portali a casa tua” me le aspettavo. Non che abbiano senso, ma ormai è la risposta tipica quando si affronta la tematica della migrazione. Quello che veramente mi ha lasciato sgomenta è stata la violenza.
Che tipo di commenti hai ricevuto?
Qualcuno ha affermato che dietro l’intenzione di difendere la vita di 149 persone ci fosse un desiderio sessuale represso e hanno scritto che avrei potuto aiutarli soddisfacendoli da quel punto di vista. Mi hanno poi augurato di essere stuprata in tutte le maniere possibili e mi hanno scritto di uccidermi. Per concludere mi hanno augurato un tumore all’utero e al cervello. Quest’ultima è stata la cosa che più mi ha fatto male.
Come si è sentita?
Non ho reagito, ma mi sono demoralizzata. Ho un nipotino piccolo, mi sono chiesta “veramente mio nipote dovrà crescere in una società simile?” Poi ho iniziato ad avere messaggi di solidarietà che mi hanno spinto a reagire. Ho contattato “Odiare ti costa”, l’iniziativa dell’ associazione “Pensare sociale” per sostenere e supportare le vittime di odio sul web. Purtroppo non trattandosi di commenti su Facebook mi hanno spiegato che è più difficile ricorrere all’identità di chi compie questi atti di molestia. Ho dovuto dunque chiamare la polizia postale e inviare evidenze di tutti i commenti ricevuti. Partirà un’indagine. Mi hanno spiegato che potrà durare più di un anno e che gli autori, una volta rintracciati, potranno incorrere in multe amministrative tra i 2mila e i 5mila euro a commento.
Esprimersi a favore dei migranti ed essere una donna. Una combinazione perfetta per ricevere aggressioni sessiste
Questi commenti carichi di odio ingiustificato e violenza sessista sono il frutto di un degrado culturale che invade l’Italia da trent’anni a questa parte. Spesso le persone ne sono inconsapevoli, si lasciano trasportare da un pensiero massificato e informe. Ma non in questo caso. In questo caso la consapevolezza c’è: creare profili falsi con l’unico scopo di poter manifestare liberamente la propria frustrazione. Immagino padri di famiglia che dopo avermi augurato lo stupro abbiano spento il computer per abbracciare le proprie mogli e figlie. Un’immagine terrificante.
Ha intenzione di fermarsi o sente la voglia di continuate a lottare?
Prima di tutto sto provando a portare questa storia ovunque, a deputati, giornalisti. La Ministra Bonetti ha mostrato la sua solidarietà. Io voglio continuare a parlarne perché non sono l’unica donna o persona che ha subito questa forma di violenza e come si è alzata la mia voce, può alzarsi quella di tante persone. E’ l’unico modo per arginare questo fenomeno, per far capire che di fronte a questo tipo di violenza c’è una resistenza e che se ne pagano le conseguenze.

di Lea Cicelyn