Quella di Michele è la storia di un ragazzino smilzo dai capelli scuri e gli occhi come due olive nere che non guardano mai nessuno in faccia.

Un ragazzino che vive letteralmente in mezzo alla strada, esposto a tutti i suoi pericoli, e che a dodici anni non ha ancora la quinta elementare. La madre tossicodipendente, un andirivieni dal carcere, il padre con una nuova famiglia da mantenere e incapace di prendersene cura, lo affidano ai nonni paterni dove vive in una casa piccola e affollata di persone tra cui uno zio malato di mente. Tante segnalazioni dalla scuola, l’impossibilità dei nonni, per loro stessa ammissione, di seguirlo come si deve, una zia, parecchio sopra le righe, che prima si fa avanti accogliendolo in casa per poi dire che Michele è ingestibile e non può tenerlo con sé. Rimanere tra le mura domestiche è pericoloso.
Insieme a lui e alla sua famiglia sgangherata, si decide che la comunità di accoglienza, quei luoghi additati quasi come delle carceri, è il posto più idoneo alla sua crescita. Certo, Michele non è contento di questa soluzione. Viene collocato in una comunità a Lago Patria, con l’obiettivo di fargli finire gli studi, aiutarlo a ricostruire il rapporto con il padre ed elaborare l’assenza della madre, un macigno per le sue fragili spalle. Ma è difficile, Michele marina la scuola, scappa, si lega a ragazzi più grandi e difficili di lui. La casa famiglia sembra non riuscire ad agganciarlo. Si decide l’inserimento in un’altra struttura, a Portici, gestita dalla Cooperativa Sociale Shannara. E qui Michele riconosce cosa significa una famiglia: un insieme di persone che si preoccupano per lui, lo sostengono, lo sgridano, resistono alle sue intemperanze. Non solo prende la licenza media, ma si iscrive alla scuola superiore che frequenta con assiduità e risultati sufficienti. Un vero e proprio miracolo.
Nel frattempo, con la psicologa, inizia un lungo e doloroso percorso su di sé, sul legame con la madre, da cui è ossessionato, e con il padre che gli istiga tanta rabbia. Michele cresce e si lega profondamente agli operatori della comunità, in particolare alla responsabile che considera quasi una madre. La sua assistente sociale, nel giro di poco tempo, ritrova un ragazzo che la guarda negli occhi, sorride, e che sull’uscio della porta l’abbraccia. Un altro miracolo. Da quel momento in poi, gli abbracci sono diventati una costante tra loro. Ma non è sempre facile. Michele fa anche passi indietro. Troppo dolore dentro, anche per la mancanza di sua sorella che si trova in un’altra casa famiglia al nord. Nel frattempo continua la scuola e ha modo, grazie ai progetti di interscambio culturale promossi dalla Cooperativa Shannara, di andare in Turchia e in Finlandia confrontandosi con ragazzi della sua età che hanno dei sogni per il futuro. Esperienze fondamentali che lo spingono ad andare avanti, a migliorarsi. Michele prosegue la scuola, trova la prima fidanzatina, frequenta gli scout dove tutti gli vogliono bene, fa visita ai nonni e lentamente ricuce, per quanto possibile, il difficile rapporto con il padre. Soprattutto riesce a mettersi in contatto con la sorella. E anche con la madre che raggiungerà in Francia per alcuni giorni, accompagnato da un operatore della casa-famiglia.
Non è cambiata, ma per Michele è importante vederla e capire che non può fare affidamento su di lei. Arrivano i diciotto anni, grande festa ma tanta paura di dover lasciare la comunità, il luogo dove si sente amato. Il suo percorso di crescita è stato tutto improntato all’autonomia, ma il timore del futuro è un buco nero. Si costruisce un ponte con il padre che lo prende in casa con sé, ma gli operatori della comunità non lo mollano. Lo aiutano a prendere la patente, a smussare i litigi con il padre. La convivenza non va bene e Michele decide di andare via. Ancora una volta la comunità gli tende la mano, lo sostiene nella ricerca di un lavoro e di una piccola stanza in affitto. Spesso lo ospita a pranzo. Michele va avanti, si tiene stretto il lavoro, anche se non è facile. È comunque molto giovane. Poche settimane fa la bella notizia: sempre grazie ai contatti della casa-famiglia un importante megastore di abbigliamento gli ha offerto un lavoro. Un’occasione unica di cui Michele comprende l’importanza. È felice e sente il bisogno di dirlo anche alla sua vecchia assistente sociale. La va a trovare e le racconta.
E ancora una volta sull’uscio si salutano con un lungo abbraccio.
> di Ornella Esposito