Spendersi nel sociale ha molte forme e molte misure, ma ci sono casi in cui forma e misura corrispondono alla propria stessa vita. Questi casi generalmente riguardano persone coraggiose e con un profondo senso di umanità. Persone che non si ritraggono di fronte al dolore altrui e avvertono come un dovere la lotta alle ingiustizie. E anche la lotta assume modalità e forme differenti. La giornalista russa Anna Politkovskaya, per esempio, era armata della sua penna e ragionava così: “Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere […] Credo che il compito di un dottore sia guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede.” Seguendo questi principi Anna ha trascorso anni lavorando per il quotidiano di ispirazione liberale Novaja Gazeta e ha documentato l’operato russo nelle repubbliche separatiste. Ha firmato oltre 2000 articoli raccontando la guerra in Cecenia e testimoniandone tutti gli orrori. “Forse avrei dovuto risparmiarvelo,” affermava in una delle sue riflessioni, “ così avreste vissuto tranquilli convinti che l’esercito e il governo stessero facendo del loro meglio nel Caucaso Settentrionale, chissà, ma sono certa che quando apriremo gli occhi sarà sempre troppo tardi. Centinaia di migliaia di persone che noi abbiamo tradito, persone che avrebbero voluto vivere e crescere i loro bambini. Tutte loro non esisteranno più. ” Anna scriveva in seguito a viaggi solitari, lunghi e fastidiosi. Ogni riga era frutto di mille peripezie, c’era da camminare di notte per evitare i posti di blocco dei federali e bisognava cambiare casa spesso per non farsi localizzare dai guerriglieri, si mangiava poco e si pativa sia il caldo che il freddo. Diverse volte Anna è stata anche picchiata, semplicemente per il fatto di stare svolgendo il suo lavoro di giornalista: raccontare esattamente quello che vedeva. Pur avendo consapevolezza dei rischi che stava correndo, il dolore delle vittime di quella guerra e l’oppressione deliberatamente esercitata da quel governo risultavano intollerabili alla sua coscienza: “Immaginate un gruppo di estranei in divisa che fa irruzione all’improvviso in casa vostra e vi porta via un vostro caro, all’improvviso vi crolla il mondo addosso. Questa guerra è così, un attimo prima sei felice con i tuoi familiari e quello dopo non ci sono più li hanno cancellati dalla tua vita come il gesso dalla lavagna. Sei gonfia di rabbia e ti sembra di impazzire. Cerchi disperatamente di avere notizie sui dispersi, ma coloro che dovrebbero cercarli ti consigliano di dimenticarli. L’assurda tragedia che si sta consumando in Cecenia è quella delle persone prelevate dai soldati che scompaiono senza lasciare traccia.” Anna è stata assassinata il 7 ottobre 2006 mentre rientrava a casa dopo aver fatto la spesa. Nello stesso anno ha ottenuto il premio per il Giornalismo internazionale intitolato a Tiziano Terzani. Sono trascorsi più di dieci anni e i mandanti del suo omicidio non sono ancora stati ritrovati. Al suo funerale non si è presentata nessuna autorità russa.

di Lea Cicelyn