NAPOLI – «Ai parroci di Napoli est ho detto che tornerò a dicembre, per vedere i campetti di calcio e gli altri spazi abbandonati, affinché la speranza torni ad abbracciare quel quartiere e questa città». Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è tornato a Napoli, come promesso, ieri mattina. «E ci tornerò ogni mese – ha annunciato – finché non vedrò risultati concreti». Tanti i temi trattati nel corso dell’incontro di ieri in prefettura a margine del comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza cui ha partecipato. Ma soprattutto l’impegno a sostenere l’appello lanciato al suo indirizzo dai parroci dell’area est impegnati nel sociale. «Sappiamo bene che a Napoli est si continua a sparare, perché molti di quei funerali li celebriamo noi e conosciamo anche bene l’impatto emotivo con le famiglie, le vittime, la cittadinanza», ha detto padre Federico Saporito, diacono del IX decanato di Napoli, che ha incontrato Salvini insieme a una delegazione di sei parroci della zona orientale: don Marco Liardo di Ponticelli, don Alessandro Mazzoni e don Modesto Bravaccino di San Giovanni a Teduccio, don Antonio Smimmo di Cercola, don Pietro Amato e don Fulvio Stanco di Barra.
Proprio al ministro il sacerdote aveva inviato una lettera aperta per chiedere un serio e decisivo intervento della politica in quel territorio, dove la Chiesa è in prima linea insieme alle associazioni: «è chiaro che ci vuole una maggiore presenza di forze dell’ordine – ha aggiunto padre Saporito – perché lo sviluppo lacunoso nel territorio è dovuto anche alla forte presenza della criminalità». Dopo l’incontro di ieri col ministro il sacerdote ha spiegato che: «Non ci ha dato strategie di azione, ma sembrava interessato ad aspetti peculiari che gli abbiamo presentato. Non abbiamo un prossimo appuntamento, anche se lui ci ha detto che tornerà a dicembre a Napoli». E, sulla possibile visita del ministro dell’Interno a Ponticelli: «Non lo abbiamo invitato, ma gli abbiamo donato due libricini sulla storia del quartiere per fargli capire che non è solo un luogo di casermoni residenziali ma ha una storia, che forse oggi è più ricca di quanto non siano le prospettive del territorio».

di Giuliana Covella