NAPOLI – A fine del 2015, oltre 2,5 milioni di conti correnti risultano intestati a cittadini di 22 nazionalità diverse da quella italiana: 3 migranti su 4 dispongono quindi di un conto con cui accedere ai principali servizi finanziari. A dirlo è l’Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Economica e Finanziaria dei migranti che ha condotto uno studio sull’argomenti i cui risultati sono stati presentati al Forum Csr2016, l’appuntamento di Abi dedicato alla responsabilità sociale d’impresa. L’inclusione finanziaria ha un’importante impatto nel processo di integrazione sociale ed economica dei migranti. Secondo l’Osservatorio, la metà dei conti correnti intestati a cittadini migranti include l’internet banking, il 41% dispone di servizi di finanziamento, il 40% di servizi assicurativi e il 15% di servizi di investimento. Per ogni conto corrente sono previsti in media 1,5 strumenti di pagamento e due servizi di gestione della liquidità.
Ma la gestione del contante non è il solo strumento finanziario di cui si servono i migranti. Sono in molti a rivolgersi alle banche per poter procedere all’acquisto di una casa. I finanziamenti richiesti per questo progetto rappresentano il 33% del totale dei crediti concessi dalle banche, in crescita del 2,7% rispetto al 2014.
La ben nota capacità imprenditoriale dei migranti si riflette anche sul portafoglio “small business” delle banche: crescono infatti del 10,5% le micro imprese a titolarità straniera (oltre 122mila le aziende gestite da imprenditori immigrati contro le 110mila del 2014). Le imprese femminili rappresentano il 31,7% dello small business con titolare straniero e fanno registrare tassi di crescita superiori alla media negli ultimi 4 anni.
Le banche italiane, oggi più che mai, contribuiscono allo sviluppo sostenibile delle comunità in cui operano, integrando e condividendo le conoscenze e le “buone pratiche”, individuando le informazioni significative e veicolandole nei modi più opportuni per raggiungere i target desiderati”, è il commento dell’Associazione bancari a conclusione del convegno.

di Danila Navarra

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