NAPOLI- La precarietà come obbligato stile di vita. Un vestito che non ci si cuce addosso. Di quelli prestati da uno zio e che quindi non è proporzionato alla propria stazza. È correre su e giù per l’Italia per sostituire colleghi in malattia, in permesso per gravidanza, buchi di ruolo dove nessuno vuole andare. È anche questo fare il docente in Italia.  E così come per l’insegnamento anche altre professioni vanno a braccetto con il precariato, come il giornalismo ad esempio. Angela Alessandra Milella non si è fatta mancare nessuna delle due. “Precarious. Quello che della scuola non si dice” (Wip Edizioni) è il racconto di ungiovane docente del sud che si sposta lungo lo stivale italico pur di mantenere accesa la propria passione per l’insegnamento. È un racconto che ricalca passaggi di storie vere, passaggi dela storia dela stessa autrice che oggi si divide tra Bari e Venezia.
Angela Alessandra Milella, oltre che docente di Letteratura e Storia è anche giornalista e scrittrice, altre due professioni, come si evidenziava prima, odorano della forte essenza del precariato. Valigia sempre pronta accanto al letto. Poche certezze. Conoscenze che vanno e vengono. Non c’è il tempo per farsi una vita e neanche per vivere una vita degna di questo nome. Lassismo, ingiustizia, burocrazia ingolfata. È la lotta quotidiana alla quale è avverso un precario quando si alza al mattino. Precarious è anche questo. È denuncia delle lacune del Paese e dell’instabilità dell’insegnamento. Il racconto puntuale degli stereotipi, molto spesso confermati. Del divario mai colmato tra nord e sud del Belpaese. Dei dirigenti scolastici tiranni, soprattutto nei piccoli centri. Di otto anni di racconti divisi in trentotto capitoli. Dello sfinimento sempre più chiaro di chi vive la situazione che ha messo nero su bianco.
Forte è anche il messaggio che rilancia nella postfazione Stefania Elena Carnemolla che scrive che è “un cancro che nessun bisturi oserà mai rimuovere dal corpo della scuola italiana, ormai infettato dalle metastasi del degrado e della corruzione”. Quello che della scuola, di solito, non si dice, o almeno non in questi termini, lo si trova in questo libro.

di Ciro Oliviero

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