ROMA – In campo internazionale l’Italia è stata ribattezzata il Paese dei campi. E i numeri raccolti nell’ultimo rapporto sulla “Condizione abitativa di rom e sinti in Italia” dall’associazione 21 luglio lo confermano. Nel nord del Paese esistono 144 insediamenti istituzionali che ospitano 11455 persone di origine prevalentemente della ex-Jugoslavia e della Romania. Al centro i campi autorizzati sono 68 per una popolazione pari a 14560 unità, mentre al sud gli insediamenti sono 16 ed ospitano 5810 tra rom e sinti.
I CAMPI PIÙ GRANDI –  Al nord Italia l’insediamento più imponente si trova a Torino, dove convivono circa 550 persone, delle quali 300 sono minori. Al centro è la capitale ad ospitare il maggior numero di rom e sinti: 600 di cui 200 minori gli ospiti del campo più grande. Al sud è Napoli la città che ospita il maggior numero di cittadini rom e sinti: uno dei campi di Secondigliano ne ospita 1200 circa, dei quali 600 sono minori. Risultano interessanti anche i numeri che riguardano le regioni. L’Emilia-Romagna detiene il primato degli insediamenti con 53 campi, dei quali 18 insediamenti informali, 34 microaree ed 1 centro di accoglienza per soli rom. Molti i campi anche in Lombardia, dove sono 31 i luoghi dove stazionano rom e sinti. Sussistono campi anche in regioni che spesso i media non associano alla presenza di cittadini di etnia rom, come il Trentino Alto Adige (8 insediamenti) e la Liguria (2).
DISCRIMINARE – Nel Paese dei campi le principali violazioni riguardano il diritto ad un alloggio adeguato, la discriminazione. Inoltre, dato il grande afflusso di denaro pubblico stanziato per l’inserimento sociale di rom e sinti, è facile che la criminalità si infiltri all’interno del sistema. I fatti di cronaca e le inchieste giudiziarie, anche recenti, ne sono la prova. Riferendosi alla strategia complessiva, nel rapporto annuale 2015 l’associazione 21 luglio scriveva che “non sta raggiungendo gli obiettivi che persegue e continua a non produrre impatti concreti sulla condizione di vita delle comunità rom e sinte”. Per chiarire quanto l’Italia sia lontana dagli standard delle politiche internazionali basta leggere quanto ha scritto il Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite che, per alloggio adeguato, intende “un alloggio in cui è possibile vivere in sicurezza, pace e dignità”, aggiungendo dei criteri indissolubili, quali la sicurezza legale del possesso, la disponibilità di servizi, materiali, strutture e infrastrutture, accessibilità economica, abitabilità, accessibilità, ubicazione e adeguatezza culturale.

di Ciro Oliviero

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