delorenzoNAPOLI – Ci sono episodi “legati alla nostra storia di esseri che vivono in comunità, episodi dal potentissimo impatto emotivo (e mediatico) che segnano dei punti di svolta nel percorso di un popolo”. Nel nostro Paese, due di quei momenti che ne hanno tracciato, inevitabilmente, i passi successivi sono stati la strage di Capaci, il 23 maggio del 1992, quando con mezza tonnellata di tritolo Cosa Nostra fece saltare in aria, sull’autostrada A29, le auto del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre uomini della scorta, e quella di Via d’Amelio, il 19 luglio dello stesso anno, in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. I ragazzi che nel ’92 non erano ancora nati, o erano troppo piccoli per ricordare, non hanno avuto un’esperienza diretta di quegli avvenimenti drammatici, né la possibilità di apprendere in prima persona gli insegnamenti che i due giudici ci hanno lasciato, il loro agire in nome di valori come la giustizia e la democrazia.

A loro si rivolge Ettore De Lorenzo, giornalista Rai, con il suo libro Quando avevo vent’anni – 1992/2012. Interviste, riflessioni e ricordi su Falcone e Borsellino (edito da L’Isola dei ragazzi): un lavoro pensato non per fare divulgazione su quei fatti, quanto per risvegliare la coscienza critica dei giovanissimi, per provare a trasmettere loro “il racconto delle emozioni di chi a quel tempo c’era e fu sconvolto da quegli orribili episodi della nostra storia”. L’autore intervista personaggi noti della magistratura e della cultura che all’epoca delle stragi di mafia avevano tra i venti e i trent’anni e ne furono, in qualche modo, toccati da vicino, tra i quali il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che in quel periodo stava preparando l’esame per entrare in magistratura e proprio nelle mani di Francesca Morvillo consegnò gli scritti del concorso, il p.m. Raffaele Cantone, allora giovane magistrato che aveva in Falcone un punto di riferimento fondamentale, il giornalista Attilio Bolzoni, il rapper Frankie Hi-Nrg.

A fare da filo conduttore alle loro parole è la voce di De Lorenzo che, attraverso una narrazione coinvolgente, inframmezzata da stralci della sua esperienza di giornalista e di vita, fa percepire a chi legge la sensazione di trovarsi dentro una storia che non è stata ancora scritta e di assistere passo dopo passo alla sua costruzione. Uno stile efficace – unito a una grafica particolare, con post-it e sottolineature, e a una selezione di canzoni che accompagnano e fanno quasi da colonna sonora al testo – per parlare ai giovanissimi di due maestri che con “il loro lavoro cercavano soltanto di consegnarci un Paese migliore dove vivere”. Ma anche per spingerli a credere in loro stessi e nelle loro capacità, perché “se Falcone e Borsellino fossero qui non vi direbbero mai: venire con noi, fate come noi, seguiteci. Piuttosto vi esorterebbero a cercare la vostra strada”.

di Paola Ciaramella

 

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