1_Mitrovica BarricadeNAPOLI – Ci sono tanti modi di lavorare per l’inclusione sociale, Napoli ne è certamente una tavolozza variegata, fatta di colori primari ma anche di tantissime sfumature di grande interesse. Una di queste è l’attività degli “Operatori di Pace – Campania”, realtà istituita nel 2007: «E’ un impegno che viaggia contemporaneamente lungo la risoluzione positiva dei conflitti e la prevenzione dei conflitti stessi, coltivando il principio della nonviolenza e lavorando per contrastare sentimenti e comportamenti come “diffidenza” o “separazione”», spiega il presidente Gianmarco Pisa.

Gli operatori di pace agiscono in Italia e all’Estero cercando di superare le dinamiche di conflitto a più livelli, in particolare, per l’esperienza personale di Pisa, nella risoluzione dei conflitti dell’area mediterranea che si caratterizzano soprattutto per la loro radice etno-politica. In questo senso, gli operatori di pace si muovono con un intervento specifico volto al coinvolgimento di associazioni e gruppi, o semplicemente attivisti civili del territorio in cui si va ad operare, e al rafforzamento delle loro attività di prevenzione della violenza e di inclusione sociale e culturale. «Spesso sono giovani che provengono da contesti o famiglie cross-cultural, o da realtà etnicamente miste, o sono stati vittime o testimoni di questo tipo di violenze – spiega Gianmarco Pisa – Siamo convinti che partendo dalle loro basi e potenziando la loro azione si possano avviare quelle buone prassi che nel tempo portano ad una trasformazione sociale e culturale del contesto. Le nostre azioni non durano in maniera illimitata nel tempo ma sono una sorta d’innesco di meccanismi positivi che devono diventare autosufficienti per essere validi».

In Italia l’attività si muove soprattutto nelle scuole e nelle “agenzie educative” con percorsi dedicati ai giovani di promozione alla nonviolenza, intervenendo sui “luoghi comuni” e sugli approcci problematici dell’accoglienza delle diversità. Benché possa sembrare un’isola felice, i problemi non mancano, la complessità più grande rimane il dialogo con il governo per esercitare la propria professionalità e la propria autonomia. «Se, infatti, con la nuova stagione degli anni ’90, l’Italia recepiva l’apertura al lavoro di solidarietà internazionale attraverso varie iniziative, tra cui appunto le figure civili di operatori di pace, oggi la tendenza del governo è quella di affidare ai militari anche compiti civili, dalla distribuzione umanitaria al “community builiding”, un task eminentemente civile».

Fortunatamente, se il dialogo con lo Stato è complesso, vi sono differenze a livello locale, e gli “Operatori di Pace – Campania” sono riusciti ad attivare nel 2011 a Napoli, per la prima volta in Italia con una città, i “Corpi Civili di Pace” in zona di conflitto, l’esperienza dei “Corpi Civili di Pace in Kosovo”, nei Balcani. Questa attività è, in breve, una concreta dimostrazione delle possibilità e dell’efficacia del peacebuilding nonviolento in contesti ad alto tasso di conflittualità etno-politica.

di Caterina Piscitelli

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui