mani_uniteROMA. Dal 47° Rapporto Censis sulla situazione socio economica del Paese emergono tanti aspetti negativi e pochi positivi, ma è da questi che bisogna ripartire.La crisi economica ha profondamente cambiato il nostro Paese e gli effetti maggiori e più evidenti si riscontrano nel welfare. «Occorre semplicemente prendere atto che – si legge nel rapporto- la crisi ha reso evidente che il finanziamento pubblico del welfare non riuscirà più ad alimentare una matrice di servizi e interventi adeguata per dimensione e configurazione alla domanda e che se non si attivano altre forme di finanziamento, e in parallelo non si incrementa la produttività di quelle pubbliche e non pubbliche, già ora investite, si finirà per avere un welfare che approfondisce le differenze sociali piuttosto che generare inclusione e coesione». Sono necessari investimenti sulle reti sociali intese in senso ampio, alla famiglia fino a non profit e volontariato perché è da questi che parte il welfare del paese e che ora si trovano in difficoltà. «Nel concreto- si continua nel capitolo del rapporto dedicato al welfare- diventa importante rilanciare un approccio da assicurazione sociale, in termini di cultura, di pratiche e di concreti strumenti sostenibili per le famiglie che li devono utilizzare e per il sistema che ne ha bisogno nel lungo periodo; vanno accompagnate le propensioni, minoritarie ma esistenti, a impegnare risorse, magari ridotte, in logiche di investimento intertemporale rispetto ai rischi sociali, così come occorre creare condizioni di contesto, in termini di informazione e conoscenza, in grado di far comprendere i vantaggi reali di un welfare integrativo, senza lasciare spazio a facili illusioni».Sono le donne, i giovani e gli stranieri i punti forti dell’Italia. La penisola segue l’andamento europeo attestando il 55% di occupazione femminile nella pubblica amministrazione ma, a differenza degli altri paesi come Regno Unito, Francia e Germania, il genere femminile non ricopre incarichi al vertice e si riscontrano ancora disparità nella retribuzione tra due generi. Secondo una ricerca del Censis, nei Consigli delle Camere di commercio, ad esempio, siedono 280 donne su 2.754 consiglieri: solo il 10,2%. E nelle Giunte camerali le donne sono 54 su 830 membri (il 6,5%). Su 100 vicepresidenti le donne sono solamente 3 e nessuna ricopre il ruolo di Presidente sui 103 in carica.

di Norma Gaetani

 

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