pacco_camorraNAPOLI – “Facciamo un Pacco alla Camorra” è il risultato di un progetto in rete che vede coinvolte 16 imprese, tra cui cooperative sociali, imprese che hanno denunciato il racket e associazioni promosse dal Comitato Don Peppe Diana. L’iniziativa intende promuovere una filiera produttiva etica partendo dalle attività sociali sorte proprio nei luoghi che una volta erano simboli di violenza e di sopraffazione e oggi, invece, sono rinati a nuova vita grazie alla collaborazione tra le istituzioni e tutte le realtà sociali del territorio.
MARCHIO NCO – Quest’anno l’iniziativa si presenta con un’importante novità: i prodotti saranno sottoposti a severi controlli di qualità e venduti con marchio unico ad ombrello “NCO – Nuovo Commercio Organizzato”, attraverso il riuso produttivo e sociale dei beni confiscati alla camorra e dei beni comuni su “Le Terre di Don Peppe Diana”.
Con il marchio ombrello i produttori si presentano sul mercato con un denominatore comune, senza tuttavia rinunciare alla propria identità. Ma la risposta alla sfida più grande è stata data con l’inserimento lavorativo dipersone svantaggiate nelle attività di recupero e gestione degli stessi beniconfiscati.
A ogni cittadino è richiesto un impegno, uno sforzo per voltare pagina. Acquistare il PACCO ALLA CAMORRA, o promuoverne la vendita è il modo migliore per contribuire allo sviluppo di una economia sociale come antidoto a quella criminale.
L’INIZIATIVA – “Facciamo un pacco alla camorra” sarà promosso e presentato alla cittadinanza anche dal Forum del Terzo Settore Agro Nolano nel corso di un evento che si terrà lunedì 2 dicembre alle ore 10.30 presso l’Aula Magna dell’Università Parthenope a Nola (NA).Durante la manifestazione sarà proiettato il cortometraggio “Il custode” di e con Corrado Taranto che denuncia, in chiave ironica, il fenomeno del caporalato e sarà allestita la Mostra Fotografica “L’isola che non c’è”. Si tratta di una raccolta di scatti realizzata dalle associazioni di volontariato Peter Pan Partenopeo e Quelli dell’83, che hanno sperimentato, all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Nisida, un laboratorio di clown terapia e teatro sociale. Hanno partecipato sia agli operatori dell’Istituto che i giovani detenuti imparando attraverso la risata e le sue potenzialità terapeutiche, che è possibile ridurre i fattori di stress e di disagio, tipici di una condizione di reclusione.

di Va. Re

 

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