don_galloNAPOLI – Metti una villetta pubblica incolta e abbandonata. Luogo di spaccio, di degrado. Una discarica a cielo aperto. E metti la rabbia di cittadini esausti, che stufi di dover subire l’indifferenza delle istituzioni e i no alle richieste di recupero, decidono di riappropriarsene. Da soli. E’ ciò che è accaduto a Soccavo, periferia di Napoli, dove da poco più di un mese, gli attivisti del Comitato Soccavo (Co.S.), assieme all’aiuto di volontari, si sono muniti di buona volontà e arnesi, ripulendo uno spazio inghiottito da erbacce e 8 tonnellate di rifiuti ingombranti, per restituire alla popolazione un posto che le spetta. Nasce così, dalle macerie, il Parco autogestito “Don Gallo”.
LE INIZIATIVE – Un punto fermo, che si propone soprattutto ai giovani, attraverso iniziative culturali, sociali e l’organizzazione di incontri e dibattiti che affrontano diverse tematiche. Senza dimenticare la solidarietà. Ogni domenica mattina, infatti, grazie al lavoro volontario di un’agenzia di animazione, sono previsti giochi e piccoli eventi per bambini. «L’idea di recuperare uno spazio abbandonato non nasce all’improvviso- dichiara un attivista – da due anni a questa parte, il Comitato si è occupato di svariate problematiche legate al degrado e al disagio del nostro territorio, provando a mettere le istituzioni nella condizione di assumersi le proprie responsabilità per lo stato in cui versano i luoghi pubblici della municipalità Soccavo-Pianura. La nostra idea è quella di provare, un pezzetto alla volta, a tirare fuori dalla solitudine il nostro quartiere. L’esperienza del parco Don Gallo ha questa ambizione: riportare la gente a socializzare negli spazi comuni, riportare i bambini a giocare nel parchetto negato e iniziare un percorso di crescita collettiva attraverso la discussione su temi che qualcuno vuole non appartengano alla periferia. Per molti, questo deve rimanere un quartiere dormitorio da cui scappare ed in cui non si può trovare il benché minimo straccio di attività socio-culturale . Noi, diciamo no. Non è questa la nostra idea. Le periferie possono e devono essere laboratori di vita e di cultura. Va da sé –continua – che il nome di Don Gallo, è stato scelto proprio perché la sua attività si è sempre rivolta agli ultimi, a coloro che sono esclusi dai grandi ragionamenti e da tutte le decisioni che ricadono sulla loro stessa pelle».

di Carmela Cassese

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