5_672-458_resizeNAPOLI – I colori accesi, i tipici caftani, le stoffe del Senegal, gli accessori fatti di perline e semi sembrano essere “sottolineati” in passerella dal suono dei tamburi e dalle armonie tribali. Attraverso un matrimonio di stile targato Africa e Italia, che si propone di essere un esempio di economia sociale finalizzata a dare lavoro, dignità e autonomia alle donne vittime di sfruttamento. È questo il senso della linea di abbigliamento e accessori in stile africano, realizzata in un bene confiscato alla camorra a Castelvolturno dalla cooperativa Altri Orizzonti e presentata al Circolo Canottieri di Napoli nel corso del convegno “Donne contro la camorra”, promosso dal Circolo e dalla Fondazione Polis della Regione Campania. La collezione è stata creata in una location che ha il sapore della legalità: la Casa di Alice a Castelvolturno, bene confiscato a Pupetta Maresca.
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È lì che operano Anna Cecere e Maria Cirillo, insieme a due sarte africane, Kawi Patt e Atta Bose. «Con i nostri capi dimostriamo come i migranti siano una risorsa per superare la diffidenza e il razzismo», spiega Cecere, ex sarta che dirige il laboratorio di moda dove a pochi passi c’è un
monumento che ricorda Miriam Makeba e il luogo dove fu assassinato dalla camorra l’imprenditore Domenico Noviello. Un immobile che il Comune del casertano ha voluto destinare, dal 1997, ad una sartoria, legata all’associazione Jerry Masslo. Ma come nasce l’idea di realizzare una fucina di moda nel difficile territorio di Castelvolturno? Specie se le sarte sono donne africane che provengono da storie difficili e che, grazie a questa iniziativa, oggi possono condurre una cosiddetta vita normale?
«Siamo state fortunate – spiega Cecere – perché il nostro progetto è piaciuto a una fondazione bancaria che ha finanziato parte dei lavori della sartoria, mentre l’altra parte è autofinanziata dai soci della cooperativa». «Vogliamo mostrare che l’Africa è una risorsa per superare la diffidenza e il razzismo nei confronti dei migranti». Particolarità del
marchio è la mescolanza dei colori e dei tagli tipicamente africani con il made in Italy. Lo scopo della coop è, difatti, quello di offrire un’opportunità alle tante giovani donne immigrate che vivono a Castelvolturno, regalando loro un sogno: quello di calcare, un giorno, le passerelle con le grandi firme della moda.

di Giuliana Covella

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