tesserino_giornalistaBARI- Un codice deontologico dedicato a chi scrive di condannati, detenuti e mondo carcerario. Dodici punti che invitato i giornalisti ad un uso corretto delle parole, a rispettare le leggi che regolano la materia carceraria e a raccontare la verità sostanziale dei fatti. Con un obiettivo ben preciso che fa da premessa al codice: «Sostenere, anche con l’informazione, la lotta ai pregiudizi e all’esclusione sociale delle persone condannate a pena intra o extra murarie». Anche perché le vie di un possibile reinserimento sociale ed economico di un detenuto beneficiario di misure alternative o di chi ha finito di scontare la sua pena, non sono mai facili. E la stampa – cartacea, televisiva, on-line, multimediale – è chiamata ad osservare le leggi che disciplinano il procedimento penale e l’esecuzione della pena.
DEL CARCERE E DELLA PENA- Per questo, i consigli regionali dell’Ordine dei giornalisti di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, due anni fa hanno adottato la “Carta del carcere e della pena” o “Carta di Milano”, un protocollo etico e deontologico per giornalisti e operatori dell’informazione che trattano notizie riguardanti cittadini privati della libertà o ex-detenuti. La Carta, che in questi giorni è stata sottoscritta anche dall’Ordine dei giornalisti della Puglia, è nata da un’esigenza manifestata in particolare da chi conosce bene le realtà penitenziarie, i profili umani di chi vive stretto nelle celle ripensando agli errori commessi ed a un futuro da ricostruire. E così, le redazioni carcerarie e chi si occupa di questo settore di giornalismo hanno avviato un dibattito, una discussione, rilevando la necessità di “informare gli informatori” che si occupano di carcere e di esecuzione penale.
IL DIRITTO ALL’OBLIO- Tra i punti principi contenuti nella Carta, l’invito ad «osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i cittadini privati della libertà in quella fase estremamente difficile e problematica di reinserimento nella società». E fra i diritti più importanti di un ex-detenuto, quello del diritto all’oblio, per cui un condannato, una volta scontata la pena, ha il diritto a non essere indeterminatamente esposto all’attenzione dei media per quanto fatto in passato, poiché la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare danni alla sua reputazione. Sono ammesse, però, ovvie «eccezioni per qui fatti talmente gravi per i quali l’interesse pubblico alla loro riproposizione non viene mai meno». Ma chi scrive è chiamato anche a «tutelare l’identità del detenuto che sceglie di parlare con la stampa» e ad «usare i temi appropriati in tutti i casi in cui un detenuto usufruisce di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari, evitando – ricorda il protocollo – di sollevare un ingiustificato allarme sociale».
L’ADESIONE DELLA PUGLIA- «Abbiamo deciso di sottoscrivere la “Carta di Milano” perché il tema su come vengono trattate le notizie riguardanti il carcere ed i detenuti è rilevante quanto poco rispettato. Ed invece, è importante richiamare l’attenzione dei colleghi giornalisti sull’uso corretto dei termini che riguardano cittadini reclusi o ex-detenuti, perché bisogna sempre tutelare la dignità della persona ed il diritto a rifarsi una vita una volta scontata la pena». E’ così che Paola Laforgia spiega a Comunicare il Sociale i motivi che hanno spinto l’Ordine dei giornalisti della Puglia, da lei presieduto, a sottoscrivere la “Carta del carcere e della pena”. «La Carta fa riferimento a dei principi già contenuti nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine, ma l’esigenza di realizzare un protocollo deontologico così specifico è sintomo che i giornalisti trattano questo argomento in modo poco accorto, poco attento». Ed allora, è al vaglio l’idea di organizzare in Puglia momenti di formazione, di confronto, all’interno dei penitenziari. «Magari attraverso corsi di scrittura per i detenuti o coinvolgendoli in corsi di lettura critica dei giornali. L’idea – conclude Laforgia – deve essere quella di sensibilizzare il mondo dei media a tenere sempre alta l’informazione sulle realtà carcerarie, raccontando anche tutte quelle iniziativa ed attività che si sviluppano nei penitenziari e che mirano a favorire il reinserimento sociale dell’uomo nascosto, dell’uomo dimenticato».

di Emiliano Moccia 

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