BIRMANIA- Tredici ragazzini, tutti tra i 13 e i 14 anni, sono morti in un incendio in una scuola musulmana di Rangoon (ora rinominata Yangon) in Birmania (adesso Myanmar). Lo ha riferito la polizia che per ora da maggior credito all’ipotesi di un incidente nonostante le tensioni tra musulmani e buddisti che di recente hanno provocato la morte di 43 persone. «Crediamo che l’incendio sia stato causato da un corto circuito» hanno detto gli agenti aggiungendo che le 13 vittime facevano parte di un gruppo di 75 studenti che dormivano nella scuola quando l’incendio è scoppiato.
PORTE SPRANGATE PER PAURA – Le fiamme si sono sviluppate attorno alle 2 nel dormitorio nell’area di Botataung, alla periferia est dell’ex capitale. La maggior parte degli studenti è riuscita a mettersi in salvo fuggendo da una porta sfondata, ma le 13 vittime sono rimaste intrappolate per motivi non ancora chiariti. Secondo un passante intervistato dalla Reuters, è possibile che le porte fossero sprangate per il timore di attacchi da parte dei buddisti, nel clima di tensione diffusosi dopo le ultime violenze.
«PER TERRA LIQUIDO OLEOSO» – La polizia ha promesso di istituire una commissione d’inchiesta, in cui siederanno anche i leader musulmani, e il governo ha invitato a non amplificare le voci, già circolanti su Internet, che parlano di causa dolosa. Le norme di sicurezza negli edifici in Myanmar, l’antica Birmania che sta emergendo proprio questi mesi da anni di dominio militare, sono generalmente molto scarse. Ma tra i musulmani circola il sospetto che il fuoco sia stato appiccato volutamente: alcuni studenti e insegnanti hanno raccontato che, mentre scappavano, sono scivolati su un liquido oleoso al piano terra. «L’olio puzzava di benzina o diesel», ha raccontato Shine Win, un capo musulmano che ha invitato il governo a «rivelare la verità»; uno studente ha raccontato che le sue gambe e i suoi vestiti erano sporchi di questo olio. Sul posto sono stati schierati decine di soldati.
ONDATE DI VIOLENZE – Molti attivisti musulmani temono dunque che non si tratti di un incidente, a conferma della sfiducia reciproca dopo i recenti scontri. Lo scorso 20 marzo, una rissa in un mercato è degenerata in una caccia al musulmano nella città di Meikhtila, conclusasi con almeno 43 morti e 12 mila sfollati. Oltre ai morti, sono stati 86 feriti e 1.355 le case danneggiate o distrutte. Contenute dallo stato di emergenza proclamato due giorni dopo, le violenze di Meikthila si sono però estese in seguito ad altri distretti vicini, arrivando sino a poche decine di chilometri da Rangoon, dove risiede una radicata minoranza musulmana. L’anno scorso due ondate di violenze nello stato Rakhine causarono almeno 180 morti e 120 mila sfollati in gran parte tra la minoranza musulmana di etnia Rohingya, evidenziando il forte pregiudizio anti-islamico diffuso tra i birmani e fomentato per decenni dalla giunta militare.

Redazione Online (corriere.it)

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