ROVIGO.  Il ministero dell’Ambiente ha riaperto il 30 novembre scorso la procedura di Valutazione d’impatto ambientale per la conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Greenpeace rende noti i risultati di un’analisi dell’impatto sanitario del progetto, già consegnata al ministero dell’Ambiente.
DA STOCCARDA. Utilizzando un modello, scientificamente validato, dell’Università di Stoccarda (EcoSenseWeb), sviluppato per la misurazione degli impatti energetici e tarato sulle condizioni specifiche del sito, le previsioni per le ricadute sanitarie di una centrale a carbone nel Parco del Delta del Po offrono numeri allarmanti. La mortalità prematura determinata dalle emissioni di quell’impianto sarebbe più alta anche rispetto a precedenti stime, già realizzate con una metodologia dell’Agenzia Europea per l’Ambiente e presentate da Greenpeace alcuni mesi addietro (“Enel, il carbone costa un morto al giorno”).
L’IMPATTO. “Le previsioni fornite da questo modello dicono che le emissioni di una centrale a carbone a Porto Tolle, così come la vorrebbe realizzare Enel, determinerebbero 85 casi di morte prematura all’anno. L’attuale centrale a olio combustibile, un impianto sostanzialmente fermo da anni, potrebbe essere in alternativa convertito a gas. Rispetto a questa opzione, il progetto a carbone mostra un impatto 6,9 volte superiore in termini di mortalità prematura” – dichiara Giuseppe Onufrio, direttore Esecutivo di Greenpeace Italia.
“Va sottolineato come la mortalità in eccesso è effetto dell’emissione e, sopratutto, della formazione di polveri sottili (PM2.5) e dei picchi di ozono, fattori entrambi connessi agli inquinanti prodotti dalla centrale. In pianura padana la concentrazione di PM2.5 è già critica e una centrale a carbone darebbe un ulteriore contributo negativo. Questo è un motivo di grande allarme ambientale e sanitario che chiediamo venga tenuto in debito conto nel processo di valutazione ambientale” – conclude Onufrio.

di Mirko Dioneo

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