BRUXELLES. In media i 27 paesi dell’Unione Europea investono nelle politiche sociali il 29,4% del loro Pil. Lo rende noto l’Eurostat, che ha pubblicato i dati aggiornati al 31 dicembre 2010, relativi a 8 tipi di prestazioni sociali: malattia, invalidità, vecchiaia, pensioni per i superstiti, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale. Il dato del 29,4 % era aumentato costantemente ogni anno, subendo un salto di 3,5 punti percentuali tra il 2007 e il 2009, certamente per l’impatto sociale della crisi economica e finanziaria. E’ diminuito invece dello 0,2 % nell’ultimo anno, sotto l’effetto delle politiche di austerità.
L’EUROPA. Come sempre i dati sono molto eterogenei. Francia, Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Germania, Austria e Finlandia investono nelle politiche sociali oltre il 30 per cento del loro Pil. Bulgaria, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia meno del 20 per cento. Ma i dati calcolati in percentuale spiegano solo una parte della realtà. Più aderente alla realtà delle persone è il calcolo della spesa pro-capite a parità di potere di acquisto. Danimarca e Paesi Bassi spendono, per abitante, una volta e mezzo quello che spende l’Italia. Il Lussemburgo spende 2 volte quello che spende l’Italia, e circa 9 volte di più che Bulgaria, Romania e Lettonia.
PAESE PER VECCHI. Assieme alla Polonia, l’Italia è da sempre il paese che in proporzione spende di più per gli anziani. Il 60 per cento della sua spesa sociale è consacrato infatti alle pensioni di vecchiaia e di reversibilità. Questo dato – di cui si discute incessantemente da anni – si spiega in gran parte con la più alta percentuale di anziani a livello europeo: in Italia gli over 60 rappresentano infatti oltre il 26 per cento della popolazione. E fra questi, oltre i due terzi sono donne, ossia le principali beneficiarie delle prestazioni per i superstiti. Altro elemento da considerare è che le prestazioni del trattamento di fine rapporto (Tfr) vengono calcolate, soltanto nel nostro paese, come spesa pensionistica. Infine, i dati raccolti da Eurostat sulla spesa sociale sono calcolati sempre al lordo dell’imposizione fiscale e non tengono quindi conto delle risorse che in alcuni paesi come l’Italia, dove le pensioni di vecchiaia sono tassate, rientrano nelle casse dello stato sotto forma di imposte.
SPESA SOCIALE. Tuttavia, anche tenendo conto di tutti questi argomenti, è proprio l’articolazione della spesa sociale italiana ad essere effettivamente sbilanciata. Nel nostro paese, infatti, e nonostante le polemiche spesso sollevate a proposito degli “sprechi”, tutte le altre spese sociali, sanità, invalidità, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale, sono sempre assai più basse rispetto alla media dei paesi europei: tra i 27 paesi dell’Ue, l’Italia è al 24°posto per la spesa sociale in favore della disoccupazione (assegni di disoccupazione), al 25° per quanto riguarda sanità, invalidità, famiglia e infanzia, e siamo gli ultimi d’Europa (ossia 27° su 27) per quanto riguarda la spesa per l’edilizia sociale e per la lotta all’esclusione. Per fare un confronto, il paese con il più alto tasso di disoccupazione, la Spagna, è anche il paese che proporzionalmente spende di più per la disoccupazione (quasi 5 volte più dell’Italia). La Francia, che ha lo stesso tasso di disoccupazione dell’Italia, spende in proporzione 2,4 volte di più dell’Italia. La Germania spende in proporzione il doppio dell’Italia e il suo tasso di disoccupazione è la metà del nostro.

di W.M.

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