MILANO – Passare giorni su una barella perché non ci sono posti letto in reparto; attendere più di un mese il risultato di un semplice esame delle urine perché l’Asl non ha i reagenti; pagare quasi 18 euro per una medicazione che prima ne costava 3. E ancora: cure domiciliari ridotte o addirittura sospese e, immancabilmente, lunghe attese per fare una visita o un esame: si arriva ad aspettare anche un anno per la mammografia e sei mesi per la visita oncologica, nonostante percorsi diagnostico-terapeutici “protetti”. Sono questi solo alcuni dei disservizi denunciati dai cittadini al Pit salute (Progetto integrato di Tutela) di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato. Oltre 26mila le segnalazioni giunte nel 2011, in aumento rispetto all’anno precedente. I dati sono contenuti nel rapporto presentato nei giorni scorsi a Roma, intitolato «Servizio sanitario nazionale e cittadini: lo Stato (a)sociale».

I PROBLEMI – Rimangono ai primi posti, pur se in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente, le segnalazioni su presunti errori (soprattutto in oncologia e ortopedia) e sulle liste di attesa (in particolare per gli interventi chirurgici). «Ma i notevoli ritardi passano quasi in secondo piano rispetto ad altri problemi emergenti, come la riduzione o addirittura la scomparsa di servizi e prestazioni – commenta Giuseppe Scaramuzza, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato -. Già in questo rapporto, riferito al 2011, s’intravede il loro drastico depauperamento, soprattutto nelle Regioni con piani di rientro. E con gli ulteriori tagli al Servizio sanitario nazionale la situazione è destinata a peggiorare». Pesa sui cittadini il carico economico sostenuto a causa di ticket sempre più onerosi per farmaci, Pronto soccorso, esami diagnostici, visite specialistiche.

ACCESSO AI SERVIZI – Ma il rapporto 2011 evidenzia anche un aumento delle segnalazioni sul difficile accesso ai servizi sanitari: rispetto all’assistenza ospedaliera, i cittadini denunciano il rifiuto del ricovero per mancanza di posti letto in reparto (soprattutto in ortopedia e oncologia), nonché in strutture di lungodegenza e di riabilitazione; crescono, poi, le segnalazioni di disagi nel settore dell’emergenza-urgenza, con lunghe attese al Pronto soccorso e scarsa trasparenza nell’assegnazione dei codici di triage. Ancora difficoltoso, inoltre, l’accesso alle informazioni sanitarie, soprattutto alla cartella clinica. Infine, i pazienti continuano a denunciare comportamenti sgarbati e irrispettosi, come pure la carenza di trattamenti che potrebbero evitare il dolore. Non va meglio per l’assistenza territoriale: circa un decimo delle 26mila segnalazioni giunte al Pit Salute nel 2011 riguarda quest’ambito; raddoppiano rispetto al 2010 quelle sulla prosecuzione problematica delle cure una volta che si è dimessi dall’ospedale: i maggiori disagi si registrano in ambito ortopedico, oncologico e neurologico.

ASSISTENZA – «Si chiudono gli ospedali e si tagliano i posti letto per acuti ma non si adeguano le strutture sul territorio – sottolinea Scaramuzza -. Anzi: sempre più spesso, per mancanza di fondi, sono sospesi o ridotti i cicli di riabilitazione e l’assistenza domiciliare. E, soprattutto nei giorni festivi, in caso di necessità non si può fare altro che ricorrere, in modo improprio, all’ospedale». Altra nota dolente, l’assistenza farmaceutica: prevale tra i cittadini un senso di smarrimento e confusione, per esempio, rispetto ai superticket diversi da Regione da Regione.

di Maria Giovanna Faiella (corriere.it)

 

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