FOGGIA. Qualche notte fa un’esplosione manda in frantumi il bazar gestito da una famiglia di commercianti cinesi. Il boato scuote e spaventa la città di Foggia. Le mani del racket, una richiesta di estorsione da parte della malavita respinta dai proprietari. Le forze dell’ordine sono al lavoro per scoprirlo, per risalire ai motivi dell’attentato e al nome di chi ha piazzato l’ordigno che ha mandato in frantumi il negozio ed i sogni di chi in quell’attività aveva scommesso il proprio futuro. Dalla Cina alla Puglia per migliorare le loro condizioni di vita. In un territorio difficile, spigoloso, in cui regna l’omertà diffusa e dove non è mai stata costituita un’associazione antiracket. Ma proprio dai commercianti della zona, da chi quotidianamente lavorava a stretto contatto con la famiglia cinese, è partita un’iniziativa di solidarietà.
LA SCATOLA DELLA SOLIDARIETA’. I commercianti del quartiere, infatti, si sono mobilitati per dare vita ad una colletta che punta a sostenere economicamente la famiglia cinese in questo particolare momento  difficoltà, dovuta soprattutto dal mancato guadagno causato dall’interruzione forzata dell’attività. E così, da ieri una piccola scatola di cartone è stata sistemata all’interno del bar situato di fronte al negozio cinese distrutto dalla bomba. E’ stato scelto il bari perché è uno dei punti di maggior ritrovo della zona, aperto dalla mattina presto fino alla tarda sera. L’obiettivo, dunque, è di «assicurare al commerciante cinese un aiuto economico per far fronte alle necessità dei prossimi giorni, ma soprattutto per estendergli una solidarietà umana e la testimonianza della vicinanza dei colleghi» dicono i negozianti riuniti nell’associazione Sos Impresa. Anche perché il bazar cinese di via Fania è attualmente sottoposto a sequestro giudiziario e ciò «impedisce al proprietario, ma non agli sciacalli, di recuperare la merce non danneggiata dalla deflagrazione».
L’ASSOCIAZIONE ANTIRACKET. L’attentato esplosivo contro il bazar cinese non è il primo caso registrato in città. Altri negozi hanno pagato a caro prezzo le minacce estorsive spiegate a colpi di ordignirudimentali. Inoltre, tra le analisi più inquietanti, il fatto che il negozio sia stato fatto saltare in aria proprio nella settimana in cui la città si è fermata per ricordare Giovanni Panunzio, l’imprenditore edile ucciso venti annifa per essersi opposto al racket. Eppure, nel capoluogo dauno continua a mancare la presenza di un’associazione antiracket. Anche per questo il coordinamento di Libera Foggia ha rilanciato la necessità di «costituire anche a Foggia un’associazione antiracket, che metta insieme tutti quei commercianti e imprenditori onesti, che vogliono ribellarsi alla prepotenza e all’ingiustizia delle estorsioni, una tassa dell’Anti-Stato che umilia e non dà vie d’uscita alle vittime e per opporsi alla quale Giovanni Panunzio ha perso la vita».  

di Emiliano Moccia

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