di Antonella Migliaccio
ROMA. Diminuiscono gli sprechi d’acqua, migliora la raccolta differenziata, aumenta anche l’uso dei mezzi pubblici. Ma restano ancora troppi i siti sensibili dal punto di vista dell’inquinamento e restano ancora gravi i problemi di consumo del suolo, rendendo necessaria una “gigantesca opera di  riqualificazione del territorio e di risanamento ambientale”. È quanto emerge dall’VIII Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano realizzato dall’Ispra e presentato oggi a Roma, che ha messo a confronto lo stato dell’ambiente urbano di 51 capoluoghi di provincia italiani, analizzandone la qualità della vita dei centri urbani, secondo le variabili della gestione dell’acqua, del consumo del suolo, dell’inquinamento ambientale, della mobilità e dei trasporti. Le notizie migliori arrivano dal settore dell’acqua, sia per i sistemi di depurazione legati ai reflui civili e industriali (nella maggior pare delle città i reflui sono dotati di depuratore per oltre il 90%) sia per i consumi domestici diminuiti negli ultimi dieci anni di circa il 20%.
MOBILITA’. Non va altrettanto bene per l’aria che respiriamo, con frequenti superamenti del valore del limite giornaliero consentito per le polveri sottili, soprattutto nel Nord Italia. A peggiorare di molto l’aria delle nostre città è il tasso di veicoli che ogni giorno ingolfano le arterie urbane: si è passati dalle 501 autovetture ogni 1000 abitanti del 1991, alle 606 del 2010, ponendo l’Italia al secondo posto, dopo il Lussemburgo, per il numero di automobili procapite.  Nonostante il costo della benzina, la macchina continua a rappresentare per il 64,3% degli italiani il mezzo preferito per gli spostamenti, ricorre ai mezzi pubblici solo il 10,7% dei cittadini, mentre il 20,8% preferisce spostarsi a piedi o in bicicletta.Ma mentre il tasso di utilizzo delle automobili tende a scendere al Nord, dove, di pari passo aumenta il ricorso al trasporto pubblico, con Milano come città modello per l’aumento generale dell’offerta, aumenta al Sud e nelle isole la tendenza a muoversi con le quattro ruote. Restando in tema mobilità, il divario tra Nord e Sud diventa una voragine quando si va a fare il conto dei metri di piste ciclabili disponibili per ogni 1000 abitanti. L’Emilia Romagna, più di una spanna sopra le altre regioni, si conferma la più virtuosa con ben 8 comuni capoluogo tra le prime 10 città. In testa Reggio Emilia che offre ai cittadini 1026 m di piste ciclabili. Complice la Pianura Padana, che permette facili pedalate a tutti. Ma a questo dato fa fronte uno zero spaccato per Genova, Napoli, Taranto, Potenza, Catania e Sassari, città nelle quali si registra l’assenza totale di piste ciclabili. Poco meglio fanno le grandi città come Roma e Milano con, rispettivamente, 45 e 57 metri di piste ciclabili per 1000 abitanti.
SITI PERICOLOSI. Una vera e propria minaccia per le città sono i RIR, stabilimenti ad alto rischio di incidente rilevante, in cui sono o possono essere presenti sostanze potenzialmente pericolose utilizzate nel ciclo produttivo o semplicemente in stoccaggio, in quantità tali da superare determinate soglie che sono stabilite dalla normativa “Seveso”. Le città con maggior numero di RIR sono, in ordine, Ravenna con 25 stabilimenti, Venezia con 16 RIR, Genova con 13, Napoli e Livorno con 9, 8 a Brescia, 7 a Roma, 6 a Brindisi e 5 a Taranto. Ma, se si valuta il rapporto tra il numero degli stabilimenti RIR e l’estensione del territorio comunale, i comuni con la più alta densità di stabilimenti ad alto rischio sono Brescia, Napoli, Livorno, Novara e Aosta. Ma è soprattutto la provincia a mostrare le situazioni peggiori: a Milano, ad esempio, ai 3 stabilimenti RIR presenti sul territorio comunale corrispondono 75 stabilimenti su quello provinciale, a Napoli si passa da 9 a 38, a Brescia da 8 a 46, a Monza da 0 a 19, mentre Torino da 0 stabilimenti in città passa ai 24 della provincia. Grave anche la situazione delle aree contaminate. Il Rapporto censisce 57 siti di interesse nazionale, pari al 3% del territorio, che aspettano di essere bonificati. Ma solo nove di questi casi hanno oltre il 50% di progetti di bonifica approvati.

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