di Sabrina Rufolo
ROMA.  In 91 paesi non vi è libertà di parola, in altri 101 migliaia di uomini sono vittime di  duri maltrattamenti  e  assurde torture, semplicemente per aver partecipato a manifestazioni antigovernative. Sono 21 i  paesi in cui si continua ad eseguire condanne di morte mentre sono circa 18.750 le persone destinate a morire. Migliaia di uomini muoiono per atti di violenza armata. Mentre  continuano ad essere sfruttati migliaia di  bambini arruolandoli come soldati o ausiliari.  Sono i dati emersi dal rapporto annuale 2012 di Amnesty International.
LE PROTESTE.  Molti sono i paesi  che lottano contro l’abuso di potere. Nelle Americhe  le proteste sono state represse con violenza dalle forze di sicurezza.  In  particolare, in America Latina e nei Carabi, i portavoce del popolo, difensori dei diritti umani, hanno subito una violenta repressione con minacce e attacchi mortali.   Anche nei paesi dell’ Africa Subsahariana  sono state organizzate varie  proteste e manifestazioni antigovernative. Tutte represse con atti brutali e armi letali. Costa D’avorio, Congo,  Somalia, Sudan e Sud Sudan: sono tutti paesi lacerati dalle lotte per la rivendicazione dei propri diritti dove  di migliaia di persone sono state uccise.
LE SITUAZIONI. In Medio Oriente e in Africa del Nord, il popolo ha deposto il regime al potere ormai da decenni. Mentre in Egitto, in Libia ed in Romania  è stata ampliata la libertà di parola e rilasciati numerosi politici anche se continuano gli atti di violenza brutale inerenti al regime passato. Persiste ancora una forte discriminazione in tutta la regione contro le donne, migranti e minoranze.  In Iraq, Iran, Arabia Saudita e Yemen sono in aumento le esecuzioni capitali.
Molto delicata risulta la situazione dell’ Asia e del Pacifico dove la libertà d’espressione ha subito restrizioni. L’india ha introdotto nuove restrizioni relative ai social media. In Thailandia il popolo continua a subire pene detentive per offese contro la famiglia reale. In Pakistan due politici sono stati condannati  per aver contestato leggi sulla blasfemia. Mentre  in Corea e in Cina continuano le brutali violenze. Complicata è la situazione anche in Europa e Asia centrale.  Nell’area ex Sovietica  molti giornalisti e difensori dei diritti umani sono stati perseguitati e picchiati violentemente. In Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan,  i più coraggiosi sono stati condannati a morte per aver contestato le autorità politiche del luogo. In Bielorussia e Azerbaigian gli organizzatori di manifestazioni antigovernative sono stati imprigionati e le loro organizzazioni sono state considerate illegali.  In Russia  coloro che hanno fatto sentire la loro voce, per la difesa dei propri diritti,  sono stati  vittime di atti violenti. Sono in tutto 1500, tra cui donne incinte, bambini, le persone morte annegate nell’ardua impresa di raggiungere l’ Europa via mare.
PER SAPERNE DI PIU’:
Il rapporto Amnesty
 

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