PERUGIA. Ne è affetto  quasi un milione di italiani, per una percentuale pari al 2-3% della popolazione e con un’incidenza massima intorno ai 15 e ai 25 anni, quando l’aspettativa di vita è ancora lunga. Si tratta del disturbo ossessivo compulsivo, il cosiddetto DOC, un disturbo mentale poco conosciuto ed estremamente invalidante, che tende a cronicizzarsi e che riduce le capacità lavorative e di contatti sociali. Un disturbo che comporta non solo la sofferenza legata a gravi danni esistenziali, ma anche costi elevati e prolungati per le cure. Oggi, però, esiste una buona possibilità di raggiungere una qualità di vita soddisfacente, affidandosi alle terapie di provata efficacia. Questi sono solo alcuni dei dati presentati, presso  La Cittadella di Assisi (PG), in occasione del secondo meeting internazionale sul disturbo ossessivo compulsivo.  «Il Doc è una malattia psichiatrica estremamente invalidante sia per i pazienti che per le loro famiglie – spiega il professor Francesco Mancini, direttore della Scuola di Psicoterapia Cognitiva APC- SPC e tra i massimi esperti di disturbo ossessivo compulsivo – . La deontologia richiede agli specialisti della salute mentale di impegnarsi nell’offrire ai pazienti solo quei trattamenti che, attraverso rigorose ricerche sperimentali sull’esito delle terapie, si sono dimostrati efficaci per la risoluzione di questo disturbo. Tutti griderebbero allo scandalo se non si usassero i protocolli evidence-based in oncologia, eppure questo è ciò che accade abitualmente in psicoterapia».
LE CONTROMISURE. Secondo le ricerche effettuate, a oggi le terapie cognitivo comportamentali sono quelle che si sono distinte di più per efficacia, quanto i farmaci, con il vantaggio però di mantenere i propri effetti benefici nel tempo, anche dopo la conclusione del trattamento, e in particolare rappresentano il trattamento elettivo per il DOC. Nel campo della salute mentale, invece, si assiste ormai da tempo al dilagare dell’uso degli psicofarmaci. Le ricerche al riguardo ricevono un largo appoggio economico e godono di una diffusione e popolarità tali che la notizia della provata efficacia sperimentale di uno psicofarmaco viene subito resa nota al grande pubblico. Senza demonizzare i rimedi chimici, che costituiscono un validissimo strumento per alleviare la sofferenza psichiatrica, risulta invece incomprensibile come in Italia la gente comune, ma spesso anche coloro che sono i “tecnici” della salute mentale ignorino completamente che alcune terapie si siano dimostrate altrettanto efficaci.
IN EUROPA. La situazione, da qualche anno, è completamente diversa in Gran Bretagna, dove, grazie agli studi di Richard Layard, professore emerito nella prestigiosa London School of Economics, nel campo della salute mentale si è avviata una vera rivoluzione nel sistema sanitario. Valutati gli altissimi costi economici dei disturbi mentali non curati adeguatamente, per una perdita del Pil pari a 17 miliardi di sterline nel 2007 si è stabilito che nel servizio pubblico devono essere somministrati solo trattamenti di provata efficacia sperimentale, secondo quanto stabilito dalle linee-guida NICE (National Institute for Health and Clinical Excellence). Sono così stati stanziati 3,7 milioni di sterline per l’avvio della formazione di 10mila psicologi in terapia cognitivo-comportamentale.
 

di Davide Domella

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui