ROMA. «E’stato così anche per me». Sei semplici parole a commento della fiction “Troppo Amore”, firmato da Liliana Cavani e trasmessa ieri sera in prima serata su Raiuno. A dirle è Veronica de Laurentiis, figlia del produttore Dino e della nota attrice Silvana Mangano (e cugina di Aurelio de Laurentiis, presidente del Napoli Calcio), vittima per anni, per mano dell’ex marito, di violenze psicologiche, fisiche, sessuali. Le dice dopo  la messa in onda della fiction, nel giorno in cui le statistiche aggiornano a 46 le donne uccise da uomini che amano o hanno amato, richiamando l’urgenza di mettere al centro dell’agenda politica del Paese la violenza sulle donne che segna ogni due giorni un femminicidio.

TROVARE IL CORAGGIO. «Come Umberto, il personaggio stalker  del film, anche il mio persecutore mi ricolmava di attenzioni e aveva modi gentili, il film lo racconta bene, gli uomini violenti sono bravi a meravigliare le donne con gesti pieni di galanteria: aprire la portiera dell’auto, chinarsi a raccogliere lo scialle prima che scivoli a terra. E’ stato così anche per me. Anche io come Livia, la protagonista interpretata da Antonia Liskova, che è stata molto brava, ho cercato, all’inizio e per lungo tempo,  di proteggere l’uomo violento, perché in realtà ti fa pena e cerchi di salvarlo». Piena approvazione, sia  per il film firmato dalla Cavani che «ha realizzato un lavoro molto vero, mi sono piaciuti anche tutti i personaggi che aiutano e proteggono Livia come possono quando lei lo permette”; sia per la scelta della rete ammiraglia del servizio pubblico,  di trasmettere in prima serata la serie in quattro episodi ‘Mai per amore’ perché – argomenta la figlia della coppia reale del cinema italiano,  tradendo ancora  una forte emozione che attraversa la voce – è molto importante che si parli di questi argomenti, che passino questi messaggi. Sono sicura che tante vittime si sono riconosciute e magari troveranno il coraggio di ribellarsi, perché mentre sei in quell’inferno familiare, sei sola, isolata, piena di sofferenza solitaria».
L’ASSOCIAZIONE. Una sofferenza privata, domestica, familiare,  che Veronica de Laurentiis rende pubblica nel libro “Rivoglio la mia vita”, pagine scritte e riscritte in dieci anni di  rielaborazione utilizzando la scrittura per sanare le ferite. «Perché i segni restano – dice  – ma il dolore si può guarire».  E per indicare la via alle altre, ha fondato un’associazione che porta il suo nome  ed è impegnata nell’organizzare centri d’ascolto intitolati alla madre,  soprattutto nelle cittadine medio piccole dove è più difficile chiedere aiuto e trovare una rete di relazioni. Relazioni che lei alimenta utilizzando il web, in tante le scrivono e lei ascolta e risponde a tutte.

di Laura Guerra

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