volontari a GenovaGENOVA. “Questa è la storia della dignità di un quartiere che è diventato il centro della città, qui vivono persone che hanno perso tutto, c’è chi ha perso una figlia, chi una madre, chi una casa, il lavoro e gli sforzi di una vita e che non piangono, perché non hanno il tempo di farlo, devono prima di tutto occuparsi di rimettere insieme i pezzi della propria esistenza e del proprio negozio, per ricominciare tutto da capo”. Scrive così Chiara Guatelli in un articolo pubblicato sul sito ufficiale del Comune di Genova. Le gente del capoluogo ligure, nel loro lavoro di “recupero della propria esistenza” si è trovata accanto migliaia di volontari.

COME A FIRENZE. “Angeli del fango”, sono stati subito ribattezzati, con un chiaro riferimento all’esperienza di Firenze, quando lo straripamento dell’Arno chiamò a raccolta giovani da tutta l’Italia pronti a dare una mano per far meglio funzionare la macchina dei soccorsi. Anche stavolta la gara della solidarietà snocciola cifre altissime. I volontari che stanno prestando servizio in tutte le province liguri sono tanti. Basti pensare alla giornata di ieri: più di 600 i volontari impiegati a Genova, oltre 500 a La Spezia; quasi 300 a Savona, oltre 200 a Imperia. “Ringrazio di cuore sia il volontariato organizzato, sia quello spontaneo – afferma Renata Briano, assessore alla Protezione Civile della Regione Liguria -, in particolare i tanti giovani che, come nel 1970, in momenti tragici e dolorosi stanno dando un grande esempio di generosità e di solidarietà”.

L’IDENTIKIT. L’assessore inoltre ha esteso il ringraziamento anche a tutte le diverse organizzazioni facenti parte del sistema di Protezione Civile per ”il determinante contributo che stanno dando”. E nel suo articolo sul sito del Comune di Genova, Chiara Guatelli descrive così gli “angeli del fango”: “Non si tratta di portare bandiere o di innalzare steccati identitari, ma si tratta di praticare la profonda convinzione politica che ognuno dei volontari a suo modo, porta già avanti nel proprio agire quotidiano: tra di loro oltre ai gruppi scout, le tifoserie organizzate della Nord e della Sud, le società sportive, ci sono i militanti dei centri sociali, quelli che anni fa si sono appropriati abusivamente di locali abbandonati e li hanno trasformati in esperienze di autogestione e intraprendono percorsi di organizzazione dal basso. Si danno appuntamento all’alba all’AutAut o allo Zapata, prendono gli attrezzi che usano per rendere vivibili i loro centri sociali e li portano nelle strade distrutte dall’alluvione, ognuno con il proprio bagaglio di competenze: c’è il precario dell’Amiu che di fango e carriole se ne intende, c’è il mago dell’elettricità che in un batter d’occhio riporta la luce in un salumificio in cui non è rimasto più nulla, c’è una volontaria di servizio civile che cerca di sturare un tombino gonfio di spazzatura.”

Mirko Dioneo

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